Grotte turistiche e monitoraggio

Grotta di Stiffe

Storia delle esplorazioni

Le prime notizie, certe e documentate, sulle esplorazioni della Grotta di Stiffe, risalgono agli inizi del ventesimo secolo, quando, le amministrazioni locali, ebbero l’idea di utilizzare le acque delle cascate esterne, che scorrono nella forra, per produrre energia elettrica.  Per realizzare il progetto, furono necessarie numerose visite all’interno della cavità, in quanto si doveva creare un bacino di raccolta delle acque nell’interno della grotta, tramite una piccola diga, posta nei pressi dell’ingresso, come è descritto dopo ; l’intero progetto fu realizzato in circa cinque anni.

I primi sopralluoghi, nell’interno, iniziarono nel 1903, i tecnici ed i progettisti della futura centrale  riuscirono ad arrivare fino alla Sala della Cascata;  a causa delle dimensioni dell’ambiente, essi non sospettarono che la grotta continuasse sopra la parete di 20 metri, credettero, invece, che terminasse lì, visto che l’acqua sembrava fuoriuscire da alcune strette fenditure poste in vari punti sulla parete.

Di queste visite tecniche, rimane una testimonianza fotografica, che fa parte della documentazione a  corredo della costruzione della centrale.

Non è escluso che, qualche anno prima, verso la fine dell’ottocento, l’ing. cav. Eugenio Perrone  abbia effettuato qualche visita nell’interno, visto che è stato l’autore di alcuni scritti di carattere geologico, riguardanti il fenomeno carsico dell’altopiano delle Rocche, individuando con certezza, che le Grotte di Stiffe, erano le risorgenze delle acque che si perdevano negli inghiottitoi di Terranera.

Nel 1956, il Circolo Speleologico Romano effettua una ricognizione speleologica in Abruzzo, ed in particolare si sofferma nei pressi di Stiffe esplorando la grotta fino alla base della prima parete, individuando l’ingresso della galleria del ramo superiore al di sopra della sommità della cascata, ad oltre 20 metri di altezza.

Tre anni dopo, nel 1959, il Circolo Speleologico Marchigiano effettua una esplorazione più accurata, supera con tecniche alpinistiche la prima parete, entrando nel ramo superiore, e percorrendo la grotta fino ad arrivare alla seconda parete. Nei giorni successivi, alcuni speleologi dello stesso gruppo riescono, non senza fatica, a superare la seconda parete più alta della prima di qualche metro, arrivando all’imbocco di una galleria completamente allagata, da dove proviene l’acqua del torrente sotterraneo.

L’esplorazione dei marchigiani termina in questo punto; alcune scritte sulle pareti, fatte con il nerofumo delle lampade di illuminazione ad acetilene, testimoniano il limite delle esplorazioni.

Nel 1960, con una serie di esplorazioni effettuate dal Gruppo Speleologico URRI di Roma, si ripercorre interamente la grotta, raggiungendo e superando il punto limite dei marchigiani, e arrivando, dopo circa 50 metri di galleria completamente allagata, in un punto dove la volta della galleria si immerge in acqua: si era raggiunto il primo sifone.

Il sifone non fu riconosciuto come tale, perchè, si pensò che a causa della apparente assenza totale di corrente d’acqua, quest’ultima provenisse da numerose piccole fenditure e cunicoli, posti sul fondo e sulle pareti sommerse dell’ultimo tratto di galleria allagata.

In verità, una prova per superare l’eventuale sifone, o confermare quanto ipotizzato prima, fu tentata; ma un incidente, per fortuna senza conseguenze alle persone, occorso sulla prima parete, ha posto termine a tale tentativo, infatti, il sacco contenente le bombole d’aria compressa, necessarie per l’esplorazione subacquea, precipitò dall’alto della prima parete, rendendo inutilizzabile il materiale.

Durante le esplorazioni del gruppo URRI, fu redatto un primo dettagliato rilievo topografico della grotta, inoltre fu fatto un primo studio di possibile valorizzazione turistica della cavità, che non ebbe alcun seguito; rappresentò, comunque, l’idea iniziale, sviluppata in un secondo tempo, alla fine degli anni settanta, per la realizzazione di un percorso turistico.

Per quasi 20 anni non fu fatto alcun tentativo per superare il sifone da parte di nessun gruppo speleologico; fino a quando, terminati i lavori di valorizzazione turistica, il Gruppo Speleologico Aquilano (G.S.A.) ebbe l’incarico dal Comune di San Demetrio ne’ Vestini, di effettuare una gestione provvisoria della grotta.

Nell’estate del 1991, fu di nuovo risalita,  con tecniche speleologiche, la seconda parete, lasciandola attrezzata con corde fisse. L’anno seguente, un socio del G.S.A., Sergio Gilioli, fece il primo vero tentativo di superare il sifone; dopo alcune immersioni di ambientamento sui fondali della galleria allagata, riuscì a trovare un basso passaggio, a 7 metri di profondità, ingombro di blocchi di roccia; superato il quale giunse in un vasto ambiente domiforme, alto circa 15 metri e largo una decina, completamente invaso dalle acque.

Nonostante le ripetute esplorazioni, avvenute in tempi successivi, non fu trovata in questa sala alcuna prosecuzione; l’acqua risultava profonda ed immobile, senza alcuna corrente; l’unica possibilità era rappresentata da una bassa fenditura, a pelo d’acqua, prima dell’imbocco della sala, volutamente trascurata per ragioni di sicurezza,  a causa delle condizioni disagevoli, del freddo, dell’assoluta solitudine e dell’isolamento dal mondo esterno dello speleosub oltre il sifone.

Nell’agosto del 1994, due speleosub francesi, Bruno Maurice e Vincent Durand, profondi conoscitori di tecniche di speleologia subacquea, in visita in Italia ed impegnati nella grotta dell’Inferniglio, nei pressi di Subiaco, dove superarono ben 5 sifoni consecutivi con il più lungo di circa 360 metri, furono contattati dal G.S.A. per effettuare un tentativo alla grotta di Stiffe.

Essi, dopo una breve ricognizione, al primo tentativo, superarono il primo sifone, e, esplorata la  fenditura a pelo d’acqua, avanzarono per circa 40 metri in una bassa galleria allagata fino a giungere in un’ampia sala, alta una ventina di metri. L’acqua proveniva dalla sommità di una parete di 12 metri, da dove la grotta proseguiva in una galleria bassa e larga.

I giorni seguenti furono intensi e ricchi di avvenimenti: il sifone fu superato varie volte, la parete della terza grande cascata fu risalita da Maurice e Durand e fu esplorata la grotta per circa 800 metri, fino ad arrivare in un’ampia sala, da dove l’acqua formava una quarta cascata di circa 10 metri di altezza.

A queste ultime esplorazioni, partecipò anche un socio del G.S.A., Mauro Panzanaro, che eseguì una completa documentazione fotografica.

Nello stesso periodo, il sifone fu superato anche da altri speleosub francesi: Cristian Locatelli, Marc Beltrami e Philippe Buire, quest’ultimo ebbe un incidente sul fondo del sifone, a causa del cedimento di un masso di roccia staccatosi dalla volta della galleria sommersa, che bloccò per alcuni minuti lo speleosub; l’incidente si risolse senza alcuna conseguenza.

Nell’ottobre dello stesso anno, una spedizione, composta da Bruno Maurice, Vincent Durand,  del Gruppo speleologico di S. Claude e Sergio Gilioli, del G.S.A., superò la quarta cascata percorrendo una galleria in salita, dove si alternavano rapide e piccole cascate, fino ad arrivare ad una quinta cascata che, in quell’occasione, non fu superata a causa delle avverse condizioni meteorologiche interne.

L’anno seguente, nel 1995, Maurice, Durand e Gilioli, raggiunsero il secondo sifone, posto a circa due chilometri dal primo, dopo aver superato la quinta, la sesta e una settima cascata, percorrendo una galleria di ampie dimensioni, riccamente concrezionata, interrotta a metà da una gigantesca sala ingombra di grossi blocchi di roccia, dove il torrente scorre incassato sul lato sinistro.

Nel 1996, fu fatto un tentativo di raggiungere il secondo sifone con una attrezzatura leggera, ma esso fallì, a causa dell’elevata percentuale di anidride carbonica presente nell’atmosfera della cavità.

Nell’agosto del 1997 Bruno Maurice riuscì a superare il secondo sifone (lunghezza 30 metri e profondità 7 metri) ed un terzo sifone posto subito dopo (lunghezza 25 metri, profondità 6 metri) riemergendo in un laghetto posto a 2380 metri dall’ingresso. Non potendo valutare le condizioni dell’atmosfera Bruno Maurice decise di non abbandonare gli erogatori d’aria collegati alle bombole e di tornare indietro.

Attualmente tale limite non è stato ancora superato.

Link https://issuu.com/aquacorps/docs/ip83

La rete di monitoraggio delle Grotte di Stiffe

Descrizione della rete di monitoraggio delle Grotte di Stiffe

Grotte Beatrice Cenci

La stazione di Monitoraggio Beatrice Cenci

Ideata dal Gruppo Speleologico Aquilano e dalla Soprintendenza Archeologica dell’Abruzzo è stata finanziata nel 1998 dalla Comunità Montana Marsica 1 ed stata realizzata nel corso del 1999.

La gestione del primo anno fu effettuata dalla Coop. ATA ente gestore della grotta, con la consulenza della Soprintendenza Archeologica dell’Abruzzo e del Gruppo Speleologico Aquilano.

La Grotta di Beatrice Cenci costituisce un delicato ambiente naturale nel quale complessi equilibri chimici, fisici e biologici hanno modellato e caratterizzato la morfologia della cavità.

Per poter valutare le eventuali variazioni dei parametri connessi ai fenomeni naturali, prodotte dall’apertura al pubblico della grotta, si è reso necessario predisporre un sistema di controllo automatico per registrare le necessarie misure in continuo.

Il  sistema studiato considera le condizioni operative della grotta e sono state configurate  come di seguito descritto:

  1. Unità centrale di acquisizione su PC con software di ge­stione delle singole stazioni e di elaborazione dei dati dotato di gruppo di continuità.
  2. Linee di collegamento per alimentazione e trasmissioni dati.
  3. Punti di rilevamento alloggiati in cabina a tenuta dotata di protezioni per le correnti statiche, condizionamento climatico, impianto di servizio, alimentatori e quant’al­tro  occorrente per il corretto funzionamento delle sonde  e la trasmissione dati via cavo all’unità centrale.

Le singole stazioni sono ubicate in posizioni differenti secondo le indicazioni dei risultati di studi eseguiti in precedenza.

Le stazioni sono state attrezzate per monitorare i seguenti  pa­rametri:

  • Temperatura (interna ed esterna),
  • Umidità relativa (interna ed esterna),
  • Anidride carbonica atmosferica (interna),
  • Ossigeno atmosferico (interna),
  • Pressione atmosferica (Interna),

DATI: Stazione di Monitoraggio Grotta di Beatrice Cenci